Dare la colpa
7 Ottobre 2019Il perfezionismo è una trappola
19 Novembre 2019Già. Mi sono sempre chiesto com’è stare con un rimpianto simile. Avere a portata di mano qualcosa di così straordinario, nel senso letterale del termine, e mancarlo.
Ti sei mai chiesto perché proprio tu? Io spesso e ti dico anche cosa mi sono risposto. Perché tu sei stato, e sempre sarai, un esempio di persona prima ancora che come giocatore. Per questo, oggi, a 25 anni di distanza, parliamo ancora di te. E tu non sarai dimenticato facilmente. Per via di come giocavi a calcio, ma anche per via di come eri, di come sei.
Tu dirai: “Appunto, potevo essere un esempio di successo.” E lo sei, lo sei più compiutamente di tanti altri, e sai perché? Per via di quella sconfitta. Io credo che il tuo esempio di successo comprenda la sconfitta. La tua grandezza come persona e come giocatore sta nella sconfitta, non nella vittoria. Mi dispiace per te, ma se la guardi così, quella sconfitta, insieme ad altre vittorie ed altre sconfitte, ha compiuto la tua perfezione. Vincere un mondiale, alla fine, non sarebbe stato coerente con la tua profondità e complessità. Forse, ti avrebbe reso banale.
Tu non sei solo. Sei in compagnia di altri, gente come Johan Cruijff, tanto per dirne uno di grande, e spero ti faccia piacere. Qualcuno che è grande non perché ha vinto mondiali, che i Mondiali il caro Johan li ha solo persi e nemmeno ai rigori. Qualcuno di grande come persona, per le sue scelte, per il coraggio, per le visioni e per i suoi limiti. Pensa a Julio Velasco, che ha vinto tutto, tranne le Olimpiadi, che ci teneva, dio solo sa quanto ci teneva. Ma non sarebbe stato lo stesso Velasco, la stessa profondità, la stessa compiutezza. Pensa allo sconfitta di Federer a Wimbledon, quest’anno. Rischiava di rovinare la sua perfezione. Invece quella sconfitta ha consegnato Roger all’esempio supremo. Un uomo che ha vinto quasi tutto e che perde. E che si ripresenta al torneo successivo. Ha detto che ha pianto, e parecchio. Ed io proprio per questo lo ammiro. Qualcuno che è un esempio anche perché viene sconfitto.
Tu incarni quello che ritengo il vero “successo”: quello fatto di successi, di cose bellissime (il gol ai mondiali del ’90, lo ricordi? E i tanti che hai fatto con la Fiorentina, la Juventus, l’Inter, il Bologna e il Brescia (dio!, ricordi quello che hai fatto con il Brescia alla Juve?! Lancio di Pirlo, e il tuo tocco a seguire, e poi, senza toccare la palla superi Buffon, e la metti in rete!) ed è anche fatto di sconfitte, di momenti crudeli come il tuo rigore a Pasadena.
L’idea che il “successo” sia vincere tutto è, per me, di una banalità inaccettabile e profondamente fuorviante. Inumano. E’ il nostro complesso di Dio. Vogliamo essere Dei, schifati come siamo di questa vita terrena. Invece il successo è essere una persona come tu appari – è strano, ma in effetti, non ti conosco – ed aver sbagliato quel rigore. E’ aver vinto quello che hai vinto, ma non tutto, e continuare, andare avanti, spero, vivendo la tua vita, cercando in ogni caso di essere una persona migliore. E non c’è nulla come una sconfitta per renderlo manifesto.
Così, adesso che ti scrivo queste cose, posso dire che (almeno io) sono felice che tu l’abbia sbagliato, quel rigore. Così sì, è perfetto.
Buonanotte, caro Roberto.