Pregiudizi e stereotipi, parte seconda
28 Dicembre 2020Il lavoro di gruppo a distanza: una nuova opportunità di comprensione
22 Gennaio 2021Abbattare i pregiudizi di Giovanni Sabato
Mind Mente & Cervello, Gennaio 2021, pp.44-51
I pregiudizi, si sa, sono una cosa brutta. Eppure tutti li abbiamo, in gran parte nascosti a noi stessi, abili come siamo a trovare la giustificazione giusta e la pezza di appoggio adeguata alle nostre credenze, in grande parte ereditate e infondate. Come diceva una vecchia barzelletta: “Non è che io sono razzista, è che lui è nero!”. Appunto. I pregiudizi sono duri a morire. Ma ultimamente le azioni per cercare di ridurli si sono moltiplicate. Come scrive l’articolo di Giovanni Sabato sappiamo molto oggi di come funziona il pregiudizio, come nasce, si trasmette, si rafforza e si nasconde. “Ma continuiamo a ignorare la cosa più importante: come contrastarlo”.
Gli interventi che si fanno funzionano? Non si sa. Uno studio della letteratura mostra come gran parte degli interventi non sono misurati e se lo sono sono misurati in modo inaffidabile.
E quello che si sa è questo. Riassumo in modo schematico l’articolo di Sabato:
- Tentare di convincere qualcuno che la sua opinione o credenza o certezza è in realtà un pregiudizio è inutile e controproducente. Tutte le attività con una tesi da promuovere convincono chi ha già quella tesi, scatenando invece una controazione e una polarizzazione in chi è avverso. L’inazione è spesso un buon modo di agire, nelle cose umane. Vedi, sul tema dell’inazione, anche questo articolo qui.
- La strategia più gettonata e quella che sembra più efficace, almeno nel breve periodo, è quella del contatto diretto, dell’esperienza. Se le persone possono frequentare, lavorare insieme, conoscere meglio persone di cui nutrono pregiudizi è più facile che li cambino. La cosa deve però avvenire in condizioni specifiche: si deve cooperare per uno scopo condiviso, avere uno status paritario, non essere obbligati e avere il suffragio di una autorità.
- Una strategia che sembra dare alcuni frutti è quella del contatto indiretto: si racconta, si vede uno scambio tra persone appartenenti a classi diverse, cluster diversi, ambiti diversi.
- Un’altra strategia è quella di far immedesimare la persona nelle condizioni della parte discriminata attraverso varie tecniche più o meno evidenti, tra le quali anche la realtà virtuale. Attraverso una serie di domande che stimolano le persone a ripercorre situazioni in cui sono stati discriminati o hanno subito il pregiudizio altrui o attraverso l’immedesimazione in avatar “diversi”, è possibile suscitare una maggiore capacità di compassione, comprensione e collaborazione.
Per il resto il campo rimane difficile da studiare e comprendere. Molte cose rimangono ancora oscure: quanto durano gli effetti degli interventi? Cosa li contrasta? Come si può sedimentare una nuova visione dell’altro? C’è ancora molto lavoro da fare per gli scienziati, e non solo.